1. Quando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 61, le condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo.
2. In relazione alla possibilità prevista dal comma 1, gli operatori penitenziari attivano le risorse familiari e sociali di accoglienza, con particolare riferimento a quelle dei servizi socio-assistenziali competenti nel luogo di appartenenza della condannata e dei suoi familiari.
3. Per la condannata nei cui confronti è disposta la detenzione domiciliare speciale, nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica della condannata che si trovi in tale condizione.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare speciale, fissa le modalità di attuazione, ai sensi di quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 61,
a) disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i requisiti per l'applicazione della semilibertà di cui all'articolo 66;
b) disporre l'ammissione all'assistenza all'esterno dei figli minori di cui all'articolo 30, tenuto conto del comportamento dell'interessato nel corso della misura, desunto dalle relazioni redatte ai sensi dei commi 5 e 6, nonché della durata della misura e dell'entità della pena residua.